di Stepehen Galloway
Il presidente della giuria di Cannes — una scelta a sorpresa per l'influente ruolo — si apre su di un trauma infantile, sul bottino di Oscar di 'Fury Road', sul suo shock per l'esaurimento di Mel Gibson e l'avventurarsi nella commedia (sua moglie pensa che sia per provarle che è divertente)
"Caro George," inizia il messaggio. "Questo numero è ancora il tuo? Ed è questo il modo migliore per raggiungerti? C'è qualcosa che mi piacerebbe discutere con te … I miei migliori auguri e felice anno nuovo. A bientot, Thierry."
"Thierry" era Thierry Fremaux, il capo del Festival del cinema di Cannes Film, e il 7 Gennaio, all'apice della frenesia della stagione degli oscar - una settimana prima che Mad Max: Fury Road sarebbe stato inondato con 10 nomination all'Oscar e quattro mesi prima dell'evento in Riviera fosse in preparazione - stava raggiungendo Geroge Miller per chiederli se il regista Australiano sarebbe stato presidente per la giuria di quest anno.
"Io dissi, 'Oh, Mi piacerebbe molto!' " ricorda Miller, 71. "Chiesi a Margaret [Sixel, la sua compagna e montatrice], 'Che ne pensi?' Lei disse: 'Fallo, fallo, fallo!' "
È difficile immaginare un cineasta che, in superficie, incarni di meno la moralità d'essai di Cannes. Questo è un uomo che ha reimpostato il genere action, la cui visione propulsiva ha innalzato Fury Road allo status di blockbuster, incassando 378 milioni di dollari in tutto il mondo - più della maggior parte dei contendenti a Cannes messi assieme.
Ma sedere con lui in un ristorante di Sidney un pomeriggio di metà aprile, è difficile riconciliare questa figura benevolente con il maestro del caos controllato di Mad Max, un timoniere che definisce il termine "dinamico." Con i suoi occhiali rotondi da gufo e i suoi capelli grigi al vento, sembra più un accademico, o forse il dottore che è quasi diventato, piuttosto che l'oscuro maestro delle modifiche a raffica.
"Ho passato 140 giorni o più con lui, e lui è coerentemente quell'uomo buono," ha detto Charlize Theron, una delle star del suo Fury Road. "Penseresti che le persone che realizzano questi film, spinti dal testosterone e dalla velocità e dalla rabbia, sono semplicemente dei duri; ma c'è una gentilezza in George e un modo di parlare delicato."
Un estremista nel suo lavoro, Miller è un conservatore nel suo stile personale: indossa una camicia bianca e un blazer blu e possiede solo uno smoking, che ha comprato 35 anni fa. (È combattuto se comprarne o meno un altro per Cannes.)
Quando gli viene chiesto riguardo alla recente controversia #OscarsSoWhite, è così diretto: "La mancanza di diversità è triste," dice. "Non c'è dubbio che ci fossero interpretazioni e film con un cast prevalentemente Afro-americano che meritavano di essere lì tanto quanto ogni altro film lì presente."
È felice di parlare di libri tanto quanto di film (preferisce i libri non di fiction e sta leggendo The Road to Ruin, su di un ex primo ministro Australiano,avendo appena finito la biografia scritta da Robert K. Massie Catherine the Great: Portrait of a Woman). È inoltre pronto a discutere le abilità di sua moglie nel giardinaggio tanto quanto del suo stesso talento.
"Lui è un grande lavoratore, e pensa davvero profondamente," dice Sixel, con cui ha due figli, rispettivamente di 15 e 20. (Lui inoltre ha una figlia più grande da un precedente matrimonio.) Quindi lei ride. "Ma per un sacco di tempo, se ne sta disteso nel suo letto."
La coppia, che è stata assieme per un quarto di secolo, lavora in un vecchio cinema di Sidney, dove Miller si circonda con colleghi di una vita, incluso uno dei suoi tre fratelli, Bob Miller, e Doug Mitchell, il suo partner nella Kennedy Miller Mitchell company. (Il suo altro partner, Byron Kennedy, morì in un incidente di elicottero 1983.)
Anche se vive lontano 7.500 miglia, Sixel dice che Miller è "completamente affascinato" dalla politica americana e segue ogni giorno il processo delle elezioni presidenziali in corso. Inoltre si tiene a prudente distanza da Hollywood e sa poco riguardo il funzionamento interno della sua casa da lungo tempo, Warner Bros. Ma dice, senza elaborare, che"ci siamo ritrovati nella competizione," quando tre alti dirigenti furono considerati come presidente dello studio, un lavoro che alla fine andò a Kevin Tsujihara.
Lui è franco riguardo alcune delle persone controverse con cui ha avuto a che fare, incluso l'originale Mad Max, Mel Gibson.
"Ogni volta che lo vedo, gli voglio sempre bene," dice. "Ma mi ricordo di aver ascoltato quei nastri dove stava parlando alla sua ragazza [Oksana Grigorieva, con cui Gibson se la prese con rabbia vulcanica durante una chiamata che fu registrata e in seguito diffusa al pubblico]. Era completamente fuori controllo. C'era qualcosa di profondamente, radicalmente adirato. E io ero scioccato."
Raramente si intrattiene con le celebrità ma dice che fu impressionato dalla civiltà del più famoso cittadino d'Australia, Rupert Murdoch, con cui ha lavorato in passato.
"Finimmo a realizzare circa tre o quattro miniserie, e ogni volta che avevano successo, ci portavano fuori a cena," dice. "Ciò che era davvero interessante riguardo a Murdoch era: Lui era davvero molto educato. Ricordo che eravamo a cena, e a un certo punto qualcuno sussurrò, 'Faresti meglio a chiamare Rags.' Rupert "Rags" Henderson era l'editore capo del giornale rivale, questo duro guerriero della carta stampata, adesso vicino ai 90 anni e cieco. E Rupert, il suo arcinemico, lo chiamava ogni volta che era a Sidney, in segno di rispetto."
Quando Miller assumerà i suoi nuovi doveri a Cannes, avrà imparato da due precedenti periodi come giurato: nel 1988, quando una giuria guidata dal regista italiano Ettore Scola diede la Palma d'oro a Pelle alla conquista del mondo; e nel 1999, quando una giuria condotta dal canadese David Cronenberg l'assegnò al crudemente minimalista Rosetta.
"Era così interessante nel '88," dice Miller, descrivendo il funzionamento interno di Cannes per la prima volta, "perché c'erano state così tante storie riguardo alla manipolazione [dei voti] durante la Guerra Fredda." Persino considerando che aveva sentito storie riguardo a giurati del blocco comunista cambiare i voti sotto pressioni politiche, lui non lo vide mai. Un anno prima della caduta del muro di Berlino, dice: "Non c'era tutto. Fu completamente senza interferenze."
Inoltre rivela la sua visione dell'amore dei giurati per Rosetta, che non piacque a molti osservatori. "Fu mostrato nel penultimo pomeriggio," dice. "[Prima di allora] un numero di membri della giuria dicevano che si sentivano depressi perché niente spiccava davvero. Poi uscì Rosetta. È un film davvero cupo riguardo una giovane ragazza, completamente povera, che semplicemente farebbe qualsiasi cosa per un lavoro. Ma alla fine era così positivo nei confronti della vita. A un certo punto dell'ultimo pomeriggio, Cronenberg disse: 'Facciamo semplicemente una votazione per vedere dove siamo. Quale film pensate dovrebbe vincere la Palme d'Or?' In 49 secondi, ci fu un voto unanime per Rosetta. [L'allora capo del festival] Gilles Jacob disse, 'In tutti gli anni che sono stato a Cannes, non ho mai visto una decisione presa così rapidamente.'"
•••
Nella mattina del 28 febbraio , Miller si svegliò al Montage Beverly Hills hotel, pronto per andare agli Oscar.
"Ero sorpreso che avessimo [ottenuto] 10 nominations," dice, "e io non avevo alcuna aspettativa. Sapevo, essendoci già passato prima, di dover moderare davvero le aspettative. Le persone dicono, 'Vincerai!' e non ti succede. Stavamo facendo colazione, solo Margaret e Io, e [parlavamo di] cose davvero ordinarie. Margaret è qualcuno che non si trucca mai, ma decise che una truccatrice dovesse venire con noi. Lei comprò il vestito solo il giorno prima. Dissi, 'Margaret, perché non indossi lo stesso vestito che hai indossato ai BAFTA?' E lei rispose, 'Le persone mi vedranno.' "
Ore dopo, la coppia sedeva in una delle prime file a lato del Dolby Theatre mentre la cerimonia veniva preparata, chiacchierando con Louis C.K., che non sembrava sapere chi fossero fino a che il film iniziò a vincere premi. "Non riuscivamo a sentire molto," dice Miller. "Quindi non potevo sentire le battute di Chris Rock molto bene."
Miller e Gibson nel 1981 sul set di Mad Max Oltre la sfera del Tuono. “Era un attore puro,” dice Miller. “Aveva un carisma rozzo.” |
Fu deliziato quando Sixel vinse l'Oscar per il montaggio e ammette che brevemente ebbe le palpitazioni mentre il film iniziava ad accumulare premi (ne vinse sei in tutto), solo per perdere il premio alla regia in favore di Alejandro G. Inarritu e il miglio film in favore di Spotlight. Entrambe le perdite lo lasciarono imperturbato.
Dopo di che, la coppia si infilò in una macchina con alcuni colleghi e si diresse verso il Vanity Fair party. Non erano stati invitati. "Quando Happy Feet vinse, dissero, 'Oh, puoi andare a qualsiasi party con l'Oscar,' " spiega Miller. E Margaret disse: 'Abbiamo un Oscar. Ecco l'Oscar.' " Quando arrivarono, una guardia di sicurezza guardò la statuetta con scetticismo, poi iniziò a controllarlo, centimetro per centimetro.
"I o dissi, 'Perché lo controlla così attentamente?' " ricorda il regista. "La guardia disse 'Abbiamo già visto due Oscar falsi.' "
•••
A 7 anni, Miller quasi morì.
Era nato a Brisbane figlio di immigrati greci. Suo padre lasciò la sua terra d'origine all'età di 9 anni da solo e cambiò il suo cognome da Miliotis, mentre la famiglia di sua madre arrivo in Australia come rifugiati dall'Anatolia. Miller è crecsiuto a Chinchilla, 200 miglia a nordovest di Brisbane, dove suo padre aveva un supermercato.
Un giorno nelle campagne vicine a Chinchilla, andò a cavalcare con tre amici e decise di sfuggire al caldo facendo un tuffo in un fiume lì vicino. "C'era un meraviglioso prato dall'altra parte, e dicemmo, ' Nuotiamo attraverso il fiume,' " ricorda. "Quello che non realizzavo era che il più grande dei ragazzi, che era uno dei più apprezzati sportivi a scuola, non sapeva nuotare." Quando Miller raggiunse il punto più lontano, si girò indietro per vedere il suo amico sparire sotto l'acqua. "Mi tuffai, pensando che potevo davvero nuotare bene, e l'avrei aiutato a uscire. E lo raggiunsi, e mi afferrò, e stavamo andando a fondo."
Dopo una lunga lotta, Miller perse conoscenza, ma un cowboy li vide e si tuffo con il suo cavallo, trascinando fuori i ragazzi. "Mi svegliai tossendo fuori acqua in questo posto davvero isolato," dice.
Morte, e un accresciuto senso della fragilità della vita, esistono come eternamente dati nella mente di Miller. Entrambi sono familiari a un ragazzo cresciuto nella campagna, dove la cena spesso sarà la più vicina gallina starnazzante.
La sua feroce e spesso fatalista immaginazione fu presente fin dalla giovanissima età. Parla di "terrori notturni" che ha sperimentato dopo essere stato mandato in collegio all'età di 11 anni, "queste sensazioni di aver fatto qualcosa di così irrevocabile, che non sai nemmeno cos'è, ma non puoi mai riprenderti da esse. Avevo un profondo senso di terrore. E c'erano sempre questi strani piccoli sogni, sogni ricorrenti di un uomo a cavallo cavalcando in un paesaggio desertico, e il paesaggio iniziava a muoversi e lui veniva inghiottito.
Miller finì per andare alla facoltà di medicina, ma lì iniziò a esplorare altri interessi. "Mi piaceva davvero studiare medicina, ma iniziai a vedermi nel divenire" disse. "Feci teatro e filosofia, e quello mi liberò. C'era una società cinematografica, quindi iniziai ad andare. Iniziai a dipingere come un pazzo."
Racconta un ricordo ossessionante dalla sua residenza a Sidney. Una notte, a seguito di un terribile incidente automobilistico, cinque persone furono portate d'urgenza al pronto soccorso. "C'era una ragazza che portarono dentro," dice. "Aveva una coperta di gomma avvolta intorno a se, e la sollevai e non potevo nemmeno capire cosa avrebbero dovuto essere le sue gambe, era schiacciata in maniera così grave." Cerco di inserire una flebo ma non poteva trovare una vena che l'avrebbe portata nel braccio, così la inserì nel collo. "Fu cosciente tutto il tempo," aggiunge. "Continuava a dire, 'Uccidetemi.' Un prete era lì, e continuava a strillare 'Dì che ti dispiace!' Non voleva che andasse al purgatorio o qualcosa di simile. Fu portata nella sala operatoria e morì quella notte."
Otto anni più tardi, lei ritornò in sogno. "La sua testa era separata dal corpo eccetto che per un filo di pelle," dice. "Stava dicendo, 'Uccidimi!' Non riuscivo a capire come potesse parlare."
I sogni, e il linguaggio dei sogni, pervadono i lavori migliori di Miller. a un certo punto in Fury Road, quando i suoi personaggi sono avvolti da una tempesta di sabbia, il cielo granuloso diventa rosso sangue, come se la loro vita emotiva avesse marchiato l'intero pianeta, lasciandosi indietro il naturalismo.
Miller si innamorò del cinema da bambino, quando entrava e usciva in continuazione dal cinema locale che proiettava di tutto dal Pinocchio del 1940 a la Cosa di un altro mondo del 1951, un film che i suoi genitori gli vietarono di guardare ma che si fece strada nei profondi recessi della sua immaginazione quando si intrufolò sotto il cinema e ascoltò ogni suono mentre la storia si dispiegava.
Mentre era all'università di medicina, aiutò suo fratello Chris a realizzare un corto. "Fu girato in un fine settimana," racconta. "C'era un clown alla Marcel Marceau su di una bicicletta, inseguito da cinque suore in motocicletta. Pensai che fosse davvero divertente." Fu affascinato nel vedere il film prendere vita nel montaggio e persino di più quando lo guardò di fronte a un pubblico. "Le risate non si spensero mai. Fu un momento talmente esilarante perché avvenne solo tramite il montaggio, e non me lo sarei mai aspettato. Mi fece davvero conoscere la nozione di ritmo"
Quando Chris vinse un posto per un corso di cinema di una settimana a Melbourne, George era determinato a parlare la sua entrata e si diresse verso la scuola nella sua moto Honda 90. Era a 500 miglia di distanza, e quando arrivò lì e disse all'amministratrice della scuola cosa aveva fatto, lei ne fu così impressionata (o scioccata) che consentì anche a lui di studiare lì.
Dopo aver fatto vari lavori sui set e persino come muratore, Miller, all'età di 31 anni, raccolse i soldi per realizzare il film a basso budget Mad Max. L'attore James Healey era stato la scelta originale di Miller per il ruolo di Max, ma Healey rifiutò, e Mel Gibson fece una buona impressione in un provino. Nel film, lo stile del regia era tratteggiato come pienamente formato, un cinetico, esplosivo assalto ai sensi. Con la sua telecamera inferocita e il montaggio alla frazione di secondo, contrapponeva un futuro cupo con una eccitata, vertiginosa gioia nell'essere vivo.
"Persino nei momenti tranquilli, c'è movimento," dice Courtenay Valenti, executive vp creative development and production presso Warner Bros. "Non c'è mai una stasi raggiunta. Sta sempre cercando di spingere il cinema così che il pubblico si possa connettere a un livello profondo e viscerale con i suoi personaggi."
Questo, dice Miller, "è qualcosa che stavo facendo senza pensarci su. Inconsapevolmente, stavo cercando di creare l'illusione di uno spazio tridimensionale. Ma ci vuole molto per muovere la videocamera e poi coordinare quei movimenti con gli attori perché hai molte più parti mobili." Il film divise nettamente la critica - il The New York Times lo definì "orrendo e incoerente, e mirato , probabilmente in modo accurato, al pubblico più di bocca buona" - ma due decenni più tardi, il giornale lo mise in una lista dei migliori film mai realizzati. Nel frattempo, il pubblico adorò il film, che alla fine incassò più di 100 milioni di dollari.
Fu seguito da due sequel (Interceptor - Il guerriero della strada del 1981 e Mad Max - Oltre la sfera del tuono del 1985) e poi realizzò film completamente diversi come la commedia nera Le Streghe di Eastwick (1987), il dramma L'Olio di Lorenzo (1992), Babe- Maialino coraggioso e il premio Oscar Happy Feet.
Nel 2001, ritornò a Mad Max in uno sforzo abortito che lo rimise in squadra con Gibson. "Eravamo a circa 11 settimane dalla pre-produzione," dice. "L'accordo non fu mai finalizzato, e poi accadde l'undici settembre, e da un giorno all'altro tutto cambiò."
Tom Hardy, che prese il ruolo di Max in Fury Road quando Miller ritorno alla serie nel 2014, " se ne fece un punto d'onore di riunirsi con Mel a cena, una sorta di passaggio del ruolo," dice, fermandosi per formulare i suoi pensieri su Gibson in parole. "E fu Tom che disse: 'Puoi scommettere che per quanto male si senta riguardo all'altra persona [Grigorieva], si sente peggio nei confronti di se stesso. Un profondo senso di rimorso.' Non ho mai parlato a Mel riguardo a come si senta riguardo quei momenti, e non l'ho mai visto quando era giova, l'ho visto avere parecchi guai con l'improvvisa adorazione."
•••
Dopo la pazzia a Cannes, Miller ritornerà al lavoro che ama e allo stile di vita che è comodamente rimosso da troppa confusione.
Il cineasta è a buon punto nella scrittura di una nuova sceneggiatura ma preferisce di non rivelare il titolo o la trama. ("George dice che io non penso che lui sia divertente," dice Sixel. "Sta scrivendo una commedia solo per provarlo.") Questo sarà il suo prossimo progetto, spera, su di una scala molto più piccola di Fury Road.
Intende dare un seguito a quest ultimo, usando una sceneggiatura già scritta o un adattamento di un romanzo del co-sceneggiatore Nick Lathouris: "C'è una forte possibilità [che io lo diriga], ma non sarà il successivo."
Sta aiutando due giovani cineasti con i loro documentari e sta assorbendo il lavoro di altri. In particolarmente ammira Breaking Bad. "Quando le persone mi chiedono, 'Dovrei andare a una scuola di cinema?' lui gli risponde: "Guarda, la cosa migliore che puoi fare è sederti e guardare le 63 ore di Breaking Bad per 10 volte e ogni volta concentrarti su uno degli elementi - la scrittura, le riprese, lo svolgimento della storia, la recitazione, la musica, il sonoro"
La sua apertura alle idee delle altre rimane intatta, il suo intelletto spazia tra politica e medicina, storia e tecnologia. Parla con un contagioso piacere sull'ascoltare il ragtime di Eubie Blake, così come fa per il lavoro di Buckminister Fuller, un uomo che sentì parlare per la prima volta quando Miller era ancora uno studente.
"Andai a una sua lezione nel 1968 o nel '69," dice. "Quelle due ore aprirono completamente le porte della percezione. Erano su cose con cui stavo combattendo in modo inetto, una visione del mondo che non potevo articolare. Fino a quel momento, avevo sempre sentito che stavo facendo ciò che ci si aspettava da me. Ero ancora un bravo ragazzo. Poi lui disse, da qualche parte nel mezzo della sua lezione . suona molto semplice - 'Io non sono un sostantivo. Io sembro essere un verbo.' Andò avanti a dire che il processo evolutivo è una funzione integrante dell'universo. E in quelle tre o quattro frasi, descrisse chi siamo come umanità."
è una descrizione che si applica tanto al lavoro di Miller tanto quanto a qualsiasi sforzo umano, una spinta in avanti, una fede nell'infinito e benedetto cambiamento, che può essere avvertito in ogni inquadratura dei suoi film. "Tutto è dinamico," dice, attingendo a Fuller. "Tutto cambia, niente è statico. Questa è la grande cosa: Tutto è verbo."
TRADUZIONE a CURA di DAVIDE SCHIANO DI COSCIA
ARTICOLO ORIGINALE: hollywoodreporter.com/
Nessun commento:
Posta un commento