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mercoledì 1 giugno 2016

Che diavolo stava pensando Bill Plympton con Hitler’s Folly?


di  Mike D'Angelo

Regista: Bill Plympton
Durata: 67 minutei
Rating: Not Rated
Cast: Dana Ashbrook, Nate Steinwachs, Michael Sullivan
Disponibilità: Gratis presso plymptoons.com Giugno 3

L'Animatore Bill Plympton non ha mai evitato contenuti disturbanti.  I suoi corti migliori—molti dei quali furono mostrati nella serie Spike and Mike’s Sick And Twisted negli anni 90—possono essere spettacolarmente volgari, ispirando impulsi conflittuali dalla riasata ai conati di vomito. Sfortunatamente, solo questi ultimi si applicano a Hitler's Folly, che potrebbe anche essere chiamato benissimo Plympton's Folly. Incentrato sui primi sforzi di Adolf Hitler di diventare un pittore, più una menzione che il Führer aveva adorato Biancaneve e i Sette Nani della Disney, questo atroce mockumentary pretende di raccontare la storia segreta del regime Nazista, con la Seconda Guerra mondiale più o meno un aggiunta al progetto appassionato di Hitler: un Die Nibelungen animato di quattro ore interpretato da un papero a cartoni animati.  Secondo il blog di Plympton, tre persone appartenenti al suo staff abbandonarono il progetto alle prime battute, offesi dalla sua premessa. Il film completato (che Plympton sta rilasciando gratuitamente sul suo sito web) oltrepassa davvero il limite solo una volta, brevemente, ma è quasi surrealisticamente per niente divertente per tutta la sua durata. Al meglio, l'idea avrebbe portato a un corto intelligente di cinque minuti; invece, va avanti per più di un ora, come il più lungo video di CollegeHumor di tutti i tempi.

Il problema di base è semplice: Plympton è un animatore, e Hitler’s Folly è virtualmente privo di animazione. Il film inizia con una ripresa video appositamente scadente di un uomo (Michael Sullivan) che si rivolge alla telecamera, istruendo qualcuno di nome Josh di cercare una scatola nell'appartamento dell'uomo e successivamente essere sparato per la strada. Quando Josh (Dana Ashbrook, che interpretava Bobby Briggs in Twin Peaks ma adesso assomiglia a Jim Jarmusch) cerca nella scatola, trova le prove del tentativo di animazione di Hitle, e il resto di Hitler's Folly consiste principalmente di riprese di archivio dell'era Nazista, accompagnate dalla narrazione fuori campo di Josh. Occasionalmente, vediamo frammenti del cartone di Hitler—la maggior parte dei quali include il suo personaggio preferito, Downy Duck—ma la comicità qui è prevalentemente verbale e fiacca. Batute tipo includono reimmaginare la parola Nazi come NACI, che sta per National Animation Cinema Institute (Istituto Nazionale di Animazione Cinematografica), e spiegando che il passo dell'oca derivava dalla necessità di alzare il piede sollevato in alto mentre si camminava lungo le file del cinema appiccicose di soda versata. La parodia poco efficace de la Caduta, con i sottotitoli finti che vedono Hitler lamentandosi di Batman C. Superman o qualsiasi altra cosa, sembra Oscar Wilde a paragone. E quelle durano solo per quattro minuti, non una maledetta ora.

Infatti, Hitler’s Folly è così monotono che è quasi un sollievo quando Plympton vira verso il materiale che è apertamente offensivo, anche solo perché fa schizzare l'adrenalina per un momento. Qualche attore è stato assunto per false interviste, e uno di loro interpreta un ex "detenuto" di un campo di concentramento che spiega che i campi erano semplicemente studi di animazione, così soprannominati perché la troupe di animatore si concentrava così duramente sul proprio lavoro. Plympton modifica persino una foto del cartello di Auschwitz I “Arbeit Macht Frei” (“Il lavoro vi rende liberi”) per aggiungere le parole “Ink & Paint Dept” sotto, nello stesso carattere iconicamente affusolato. Se intendi usare la negazione dell'Olocausto come battuta, faresti meglio ad avere un solido obbiettivo satirico in mente; qui è semplicemente una variazione della gag centrale del film incredibilmente priva di buon gusto, che è stata già sfruttata fino alla nausea. L'intero progetto sembra fondamentalmente mal concepito ed è stato evidentemente così raffazzonato che la sua narrazione include molti errori udibili di Ashbrook, in pronuncia e inflessione, che sono stati semplicemente lasciati così. La parola “genius” è inoltre scritta in modo sbagliato come “genious” in un testo sullo schermo.) Plympton sostiene di dare il film gratuitamente "come un ringraziamento speciale ai suoi leali ammiratori," ma la verità è più semplice: Quasi nessuno pagherebbe per questa cosa.

TRADUZIONE a CURA di DAVIDE SCHIANO DI COSCIA
ARTICOLO ORIGINALE:www.avclub.com/

sabato 21 maggio 2016

Recensioni dal Festival di Cannes: ‘The Last Laugh’


di Dennis Harvey

Un squadra di comici di serie A così come parecchi sopravvissuti all'Olocausto considerano i limiti estremi dell'umorismo e "buon gusto."

“The Last Laugh” pone la domanda non musical — beh non-musical a meno che non stiate parlando di “The Producers” — “Potranno mai i Nazisti e la Soluzione Finale essere divertenti? Si dovrebbe scherzare al riguardo?” Un gruppo stellato di comici così come parecchi veri sopravvissuti all'Olocausto soppesano la domanda, fornendo una gamma di risposte che sottolinea quanto personale, e mutevole, la nozione di umorismo e offesa siano. Il misto di leggerezza, temi seri, nomi conosciuti e materiali di archivio, nel piacevole documentario ricco di spunti di Ferne Pearlstein dovrebbe trovare sopratutto compratori televisivi in numerosi mercati.

L'Olocausto è il moderno definitore dello standard per argomenti che per consenso popolare sono troppo gravi per consentirne mai la trivializzazione.  Ciò nonostante anche le risate possono essere utilizzate per formulare serie affermazioni, e le frontiere di ciò che costituisce il "buon gusto" (o almeno ciò che non costituisce imperdonabile cattivo gusto) continuano a essere spinte più in là.

Persino i sopravvissuti dei campi di concentramento hanno prospettive estremamente differenti al riguardo. Un detenuto di Auschwitz diventata insegnante, Renee Firestone emerse dalla grande sofferenza - inclusa la morte di sua sorella dopo "esperimenti medici" Nazisti - con la gioia di vivere intatta, forse persino amplificata da una così personale perdita. Lei fornisce un barometro liberale di ciò che è ammissibile nella comicità, mentre guarda un numero di comici improvvisare su YouTube e in altri posti, considerandone alcuni genuinamente divertenti e altri semplicemente di cattivo gusto.

D'altra parte, la vediamo visitare Las Vegas con un amica che non sembra poter liberamente godersi l'escursione o qualsiasi altra esperienza quasi 70 anni dopo la sua esperienza nei campi di concentramento.  Tragedia aggravata da senso di colpa del sopravvissuto l'ha lasciata a vivere in un mondo dove la comicità sembra superflua alla meglio.

Talenti comici, autori e altri dibattono questioni più ristrette: Perché di solito sia OK prendere in giro i Nazisti, ma non l'Olocausto (perché ridicolizzare gli oppressori è una cosa, le loro vittime un'altra); giusto quanto la regola del "troppo presto" scade su argomenti delicati (nessuno imbriglia la presa in giro dell'Inquisizione Spagnola, per esempio, ma le battute sull'Undici Settembre sono ancora "sbagliate"); se la soddisfazione dell'ego premio oscar di Roberto Begnini "La Vita è Bella” sia "assolutamente brillante" (come reputa la the Anti-Defamation League di Abraham Foxman) o “il peggior film mai realizzato” (Mel Brooks, un commentatore MVP qui); e il divario su attuali impiegati come Sasha Baron Cohen, i personaggi spesso fanno la parodia dell'antisemitismo e altri pregiudizi, anche se in maniere sovversive che veri bigotti potrebbero benissimo interpretare come conferma alle loro distorsioni.

L'eterna battaglia tra umorismo e censura è illustrata in un breve sguardo alle battaglie legali di Lenny Bruce, e i suoi odierni (se raramente messi in correlazione) equivalenti come Dave Chapelle, Ricky Gervais, Sarah Silverman, "South Park" e via così, ognuno dei quali frequentemente conta su l'effetto shock di materiale "inappropriato."  

Come più di un professionista dello stand up sottolinea qui, la posta in gioco aumenta con più grandi rischi; se stai per scherzare riguardo a un soggetto "taboo", sarà meglio che si tratti di una barzelletta davvero buona. Clip dal piccolo schermo della definita Joan Rivers e altri illustrano come una battuta poca ispirata che sarebbe stata diversamente dimenticabile può indurre una revulsione che fa cambiare canale quando accade di imperniarsi su Ebrei e forni.

L'assemblagio molto abile di Pearlstein riesce a sollevare tutte queste idee e altre all'attenzione dello spettatore mentre sottolinea che ci sono poche, se ce ne sono, risposte definitive a esse - essendo l'umorismo il valore più soggettivo, persino quando si arriva a un apparente assoluto morale come l'Olocausto. Comicità può essere una tattica di sopravvivenza e un mezzo di vendetta contro la tirannia, persino mentre può essere anche uno strumento di crassa insensibilità.

Brooks ha l'ultima parola quando dice "i comici sono la coscienza delle persone, e gli è consentito un largo attracco in ogni direzione ... persino se è in cattivo gusto."

Materiali di archivio qui permettono un ricco assortimento, da firmati Nazisti confiscati di atti di cabaret effettuati dai prigionieri al megalomaniaco balletto de "Il Grande Dittatore" di Chaplin e filmati dietro le quinte dell'ancora non rilasciato "The Day the Clown Cried" di Jerry Lewis. Più, ovviamente, miriadi di filmati di comici odierni (inclusi molti intervistati qui) - e "Springtime for Hitler," naturalmente.

(Anche a Tribeca.) Durata: 88 MIN.
Produzione
(Docu) A Tangerine Entertainment production. (World sales: Submarine Entertainment, NYC.) Prodotto da Ferne Pearlstein, Robert Edwards, Amy Hobby, Anne Hubbell, Jan Warner. Co-produttori, Anne Etheridge, Dori Stegman.
Crew
Diretto da Ferne Pearlstein. Sceneggiatore, Robert Edwards, Pearlstein, inspired by “The Last Laugh: Humor and the Holocaust” by Kent Kirshenbaum. Camera (color, HD), Pearlstein, Anne Etheridge; montaggio, Pearlstein; music, Joe McGinty; music supervisor, Howard Paar; sound mixers, Richard Fleming, Nico Ruderman, Hilary Stewart, John Slocum, Taj Musco; supervising sound editor/re-recording mixer, Steve Glammaria.
Con
Renee Firestone, Klara Firestone, Mel Brooks, Carl Reiner, Sarah Silverman, Robert Clary, Rob Reiner, Susie Essman, Harry Shearer, Jeffrey Ross, Alan Zweibel, Gilbert Gottfried, Judy Gold, Larry Charles, David Steinberg, Abraham Foxman, Lisa Lampanelli, David Cross, Roz Weinman, Elly Gross, Deb Filler, Etgar Keret, Shalom Auslander, Jake Ehrenreich, Hanala Sagal, Aaron Breitbart

TRADUZIONE a CURA di DAVIDE SCHIANO DI COSCIA
ARTICOLO ORIGINALE:variety.com/